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Channel: Commenti a: Gaza, l’impotenza, la ripetitività
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Di: Maurizio Montanari

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Come voi tutti sono stato sui libri, e come voi, mi sono fatto la mia idea. Sono a volte riuscito ad argomentarla, altre no. Ho incontrato integralismi, sono io stesso caduto in una visione monoculare. Però stavolta, lasciatemi gli atrezzi dello psicoanalista. Io, finita la polvere delle bombe, mi chiedo: cosa è quel che c’è la fuori ? Perchè quel reale non è più aggredibile con le parole? Come ‘sbrogliarsela’, come arrangiare una, non dico strategia, ma l’abbozzo di una strada per uscire dalla palude sanguinosa nella quale la popolazione di Gaza affoga, prigioniera di un colossale cul de sac, legato a doppia mandata dall’immobilismo dell’Occidente? Non lo so. La mia opinione, è che Israele si ritiri da terre che non sono , nè mai sono state , sue. Una volta tanto, e una di più, se qualcosa, ben poco, si può fare, è smetterla di ciurlare nel manico degli articoli, contrapposti o meno, falsati o rigorosi che siano. Il ‘dibattito’ è sceso ad un livello di contrapposizione speculare, tale da renderlo inutile. Le cose che io scrivo, sono inutili. L’articolo di Raimo è ben scritto ( forse l’unico), e io amo le cose ben scritte, ma non è che un tassello di domino incastonato in una infinita serie di argomentazioni che a loro volta servono a corroborare o confutare, o solo commentare, altri articoli ( nella fattispecie l’articolo della Dominijani, che non mi interessa affatto approfondire). Così come è plasticamente inutile il commento del non so ben quale onorevole che si scandalizza dei razzi di Hamas, lasciando l’approfondimento storico a chi le scrive i comunicati stampa, sempre che costui una conoscenza storica la possieda. Oggi, davvero, gli atti pratico reali, quandanche non spostino di un solo millimetro l’ennesima bomba intelligente o l’ennesimo razzo sparato dalle alture spellate del deserto sopra a Gaza, mi sembrano la sola cosa vera, umana, priva di dietrologie. Quando uno schizofrenico si precipita in studio vittima di plurime allucinazioni che lo stanno inseguendo per strada, si deve metter da parte la discussione teorica, l’approfondimento speculativo. L’eziopatogenesi del meccanismo psicotico, le ragioni del suo esordio, fanno spazio alla parola ‘ entri. si accomodi. Qua dentro nessuno può farle nulla di male’ accompagnate dal gesto deciso che chiude la porta a chiave, deangosciando il paziente. Bè, ecco, dicevo, basta. I gesti concreti non sono certo indossare una casacca e andare a combattere, prendere un rpg e cercare di tirare giù un elicottero di Tel Aviv. Tutto l’agire che ci resta è prendere posizione senza parole, usando cose minime che nel tempo hanno perso la loro efficacia simbolica, perchè abusate e affogate nella retorica di tanti che ne hanno fatto abuso per inventarsi un mestiere e camparci al vita. Dunque se c’è da donare un euro per cercare il plasma che a Gaza scarseggia, lo farò. Se troverò un qualche pompelmo Jaffa alla Coop, non lo comprerò. Se in qalche luogo una decina di persone si darà appuntamento in piazza con la bandiera palestinese, ci andrò. Se il mio amico medico palestinese mi chiede, come è accaduto un ora fa , di divulgare il cc sul quale mandare un po di soldini per comprare tende e bendaggi utili a tamponare il macello, lo metterò online. Se qualcuno mi chiederà, come è successo, di partecipare all’ennesimo dibattito pubblico con parti contrapposte, non ci andrò. Lo so, sono bazzecole, spiccioli di un borghese annoiato, ma non ho altro. Sono, incautamente, scivolato in quel mondo chiuso nella bolla nel quale ho sempre temuto di spiaggiare. Quello di coloro che scrivono della questione non già per informare, o sensibilizzare, ma per segnare il loro posto al tavolo del dibattito, per problematizzare, rilanciare,. Quelli per i quali i morti di Gaza valgono quanto le quote latte, il proporzionale, le code sulla Salerno Reggio Calabria, o la panza di Renzi: un articolo in più, in una lunga ed inutile proliferazione seriale di sdegni contrapposti. Un gesto, fatto magari in compagnia, va almeno nella direzione di una preghiera collettiva verso un Dio multiforme che, hai visto mai , quel giorno l’ascolta. O sarà più probabilmente come il grido dell’anoressica, incarnato e pietrificato nel corpo perchè manca l’Altro al quale l’appello e’ rivolto. Comunque , per me, varrà sempre più dell’ultima micragnosa e sterile polemica sul piatto alla moda del chi dice cosa, o chi si scaglia contro chi. Alla prossima gara podistica, indosserò la bandiera della Palestina al collo. Un gesto tremendamente infantile, inutile, ma libero dall’inquinamento di chi vuole costringerti a ballare un minuetto in uno spazio circoscritto e viziato da un aria che da tempo non è contagiata dal vento che scorre la fuori. Quindi, signori, per chi tenendo la matita con due dita per non sporcarsi usa il linguaggio per dialettizzare, problematizzare, analizzare, ciurlare, il senso di un slogan ghiacciato e schizzato sul muro vi è sconosciuto, ma mantiene quel senso di umiltà e libertà intellettuale che , da mestieranti della polemica, avete smarrito. W la Palestina libera.


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